Ottime prospettive di lavoro per i giovani, lavori spesso gratificanti e al centro sia delle produzioni industriali che del mondo sanitario.
Se il mondo va avanti è anche grazie al lavoro dei chimici e dei fisici. Dal 2018 sono riuniti in un unico ordine dopo che la professione dei chimici, nata come Ordine nel 1928, è stata “allargata” ai fisici portando alla nascita della Federazione Nazionale dei Chimici e dei Fisici e, a cascata, degli ordini provinciali e regionali. In Emilia-Romagna per ora si è creato un Ordine Interprovinciale (che raggruppa i soggetti attivi nelle province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini) che riunisce circa 600 del migliaio di chimici e fisici attivi in Regione, guidato dalla dottoressa Raffaella Raffaelli. “Per ora – spiega il vice presidente Luca Scanavini – alcuni campanili resistono ma il nostro obiettivo come Ordine Interprovinciale è quello di arrivare ad una rappresentanza regionale. E la nostra adesione al Comitato Unitario delle Professioni dell’Emilia-Romagna è motivata proprio dalla necessità di avere una rappresentanza nei luoghi in cui si decidono le politiche regionali di sviluppo”.
L’apparentamento con i fisici (che non avevano un Albo) e la vigilanza affidata al ministero della Salute hanno dato nuova linfa ad un comparto di esperti che può giocare un ruolo importante sia nel campo della medicina che in quello della sicurezza e dell’ambiente; valorizzando professionalità ed esperienze che all’interno delle imprese rischiano di essere fagocitate dal ruolo predominante degli ingegneri e che invece sono alla base di produzioni e materiali di uso quotidiano. “Alla base di tutto ci sono le formule chimiche – spiega Scanavini – e il nostro ordine svolge un ruolo fondamentale in fatto di formazione e aggiornamento professionale dei nostri iscritti”. D’altra parte il mercato del lavoro promette bene, anche per le donne, e i giovani trovano lavoro tutti entro 3 anni dalla laurea. “Le possibilità di impiego sono molteplici e vanno dal mondo della sanità a quello dell’industria, senza naturalmente trascurare la libera professione”, conclude Scanavini.