La professione del Dottore Agronomo e Dottore Forestale è bella ma complicata perché la legge che la disciplina da tantissime possibilità di lavoro. Ed è difficile a essere pronti su tutte le novità dei vari segmenti professionali. I redditi medi della categoria in regione sono tra i più elevati d’Italia e si aggirano intorno ai 42mila euro l’anno rispetto ad una media nazionale che si ferma a 28mila euro. Una categoria che vede al lavoro pochi soggetti che svolgono soltanto la libera professione, mentre molti sono dipendenti (pubblici o privati) ma non hanno, come si dice in gergo, l’uso del timbro e altri ancora fanno l’una e l’altra cosa; vale a dire sono dipendenti ma anche libero professionisti. In Emilia-Romagna gli iscritti all’Ordine (che fanno parte del CUP-ER, il Comitato unitario delle professioni) sono poco meno di 1.300 e coprono una serie di attività molto ampie – come vedremo tra breve – che nella gran parte dei casi vanno oltre il lavoro “in campo” e si estendono verso l’attività agroindustriale oppure spaziano dai fitofarmaci al verde ornamentale fino al vivaismo, alla gestione delle foreste e si estendono alla gestione del territorio: con un problema aggiuntivo che è rappresentato dalla “concorrenza”, piuttosto forte in Emilia-Romagna, che le organizzazioni professionali di settore svolgono servendosi di tecnici interni spesso non iscritti all’Ordine.
I campi di attività, come si accennava, sono ampi e il Dpr 10 febbraio 1992 n. 152 all’articolo 2 li elenca. “Possiamo fare attività – spiega Maurizio Pirazzoli, vicepresidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali di Bologna – nell’ambito dell’ambiente e del territorio, pianificazione territoriale a tutti i livelli di governo, dal regionale al comunale, e recentemente abbiamo partecipato alla stesura della nuova legge urbanistica regionale 24/2017, un comparto in cui possiamo dire, con assoluta competenza, la nostra. Poi ci occupiamo di estimo e di stime; lo facciamo in maniera approfondita tanto che gli Ingegneri in passato venivano a sostenere l’esame di estimo nella nostra Facoltà di Agraria. Tuttavia – spiega Pirazzoli – non sono state fatte scelte oculate per mantenere, in questo specifico campo di attività, le peculiarità dei Dottori agronomi e la disciplina è stata purtroppo “scippata” da altre categorie professionali: tant’è che oggi l’estimo viene insegnato anche in altre Facoltà universitarie.
Poi i Dottori Agronomi sono in realtà anche “Ingegneri Agronomi” e questo – spiega ancora Pirazzoli – perché facciamo anche edilizia ed in particolare edilizia rurale abitativa, produttiva e di servizio. Del resto Ingegnere Agronomo e Ingegnere Forestale è il titolo con cui questi esperti sono definiti in Francia, Inghilterra Portogallo, Spagna, Germania, Austria e molti altri Paesi. Quindi se si adottasse il titolo di “Ingegnere Agronomo” anche in Italia, come in gran parte dell’Europa, ci sarebbero, molti benefici, tra cui l’immediato riconoscimento di una figura di elevata qualificazione anche da parte di chi non conosce, o talvolta ignora completamente le nostre competenze professionali.
Naturalmente ci sono poi tutte le altre “famiglie” di attività legate all’agricoltura comunemente intesa; gestione e curatela delle aziende agricole, piani di investimento, piani colturali eccetera. Tutto ciò che ha a che fare con gli aspetti agronomici in senso stretto. Poi c’è la zootecnia con competenze che possono o meno, come nel caso dei piani di smaltimento, interagire con le competenze dei colleghi veterinari. Infine tutto il comparto forestale e ambientale che oggi riveste un’importanza molto rilevante (si pensi a riqualificazione urbana, giardini pensili, boschi verticali, ad esempio).
Il futuro della professione Pirazzoli lo vede molto roseo. “Io ho incominciato con il regolo calcolatore e la macchina da scrivere e ora siamo alle nuove tecnologie in campo agrario e all’agricoltura di precisione che si sviluppa anche con l’utilizzo dei droni. I giovani devono imparare a fare tutto questo e conseguentemente cambiare radicalmente mentalità per stare al passo con i tempi. Quando ho iniziato io si temeva la concorrenza, ora è chiaro che invece dai giovani si possono acquisire competenze, facendo interagire proficuamente l’esperienza con l’innovazione e pertanto aprire la nostra bella professione a nuovi orizzonti. Per un giovane la facoltà di Agraria garantisce numerosi sbocchi occupazionali e possibilità di lavoro le più disparate. E’ proprio questa grande diversificazione degli sbocchi occupazionali ad assicurare lavoro a tutti gli operatori del settore agrario”.
I laureati della Facoltà di Agraria potranno pertanto trovare lavoro nel settore agricolo, in quello agroalimentare e in quello ambientale sia come dipendenti pubblici e privati oppure come liberi professionisti con iscrizione all’albo professionale per avviare quindi un’attività in proprio.